Studio TACT: la terapia chelante nel post-infarto miocardico acuto associata a modesti benefici
Lo studio TACT ( Trial to Assess Chelation Therapy ) ha mostrato che la terapia chelante, mirata a eliminare i metalli pesanti dall'organismo, produce modesti benefici clinici nei pazienti con infarto acuto del miocardio.
Un totale di 1.708 pazienti hanno preso parte allo studio; a ciascun paziente sono state somministrate 40 infusioni di soluzione chelante da 500 ml; la soluzione era a base di EDTA ( sale disodico dell'Acido Etilendiamminotetracetico ).
Il 65% dei pazienti ha ricevuto le 40 infusioni, mentre il 76% ne ha effettuate almeno 30. In 79 casi si è avuta una sospensione del trattamento per raggiungimento di un endpoint o a causa di eventi avversi.
Lo studio, sponsorizzato dai National Institutes of Health ( NIH ), ha preso avvio nel 2002 ed è terminato nel 2011.
L’età mediana dei pazienti era di 65 anni; l’82% era di sesso maschile; il 94% era di razza bianca; e in circa la metà i pazienti erano obesi. Più dell’80% erano ipercolesterolemici, tre quarti soffriva di ipertensione, un terzo di diabete mellito, e il 18% aveva insufficienza cardiaca.
I pazienti sono stati seguiti per 4 anni.
Coloro che avevano ricevuto terapia di chelazione hanno presentato una riduzione significativa dell'endpoint primario composito di mortalità generale, secondo infarto del miocardio, ictus, necessità di procedure cardiache.
All’analisi intention-to-treat, l'hazard ratio ( HR ) per l'endpoint primario riguardo alla terapia chelante è stato pari a 0.82 ( p inferiore o uguale a 0.036 ).
Non sono state riscontrate differenze significative nelle singole componenti dell'endpoint primario.
Il tasso di ospedalizzazione per angina è risultato pari a 1.5% per i pazienti del gruppo terapia chelante versus 2.1% nel gruppo controllo.
E’ stato osservato un trend verso un beneficio per la rivascolarizzazione coronarica, che si è presentata nel 15.5% tra i pazienti sottoposti a terapia chelante contro il 18.1% del gruppo controllo ( p=0.076 ).
In una’analisi di sottogruppo pre-specificata, i pazienti affetti da diabete mellito sono apparsi trarre beneficio dalla terapia di chelazione ( HR=0.61; p=0.002 ), rispetto ai non-diabetici ( HR=0.96; p=0.725 ).
Questo effetto potrebbe essere dovuto alla presenza di una certa quantità di glucosio nel placebo.
L'analisi di 911 pazienti ( scelti casualmente ) riguardo alla qualità di vita non ha mostrato effetti della terapia chelante sulla funzione fisica o sul benessere psichico.
Per misurare lo stato di attività dei pazienti è stata impiegata la scala DASI ( Duke Activity Status Index ).
I punteggi basali erano 24.6 e 23.5 per il gruppo terapia chelante e gruppo placebo. A 6 mesi, il miglioramento è risultato minimo ( 29.1 vs 27 ), ed anche a 2 anni ( 27.1 vs 25.1 ). ( Xagena2012 )
Fonte: American Heart Association ( AHA ) Meeting, 2012
Cardio2012 Farma2012
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